Vincezo Guercio – Magistrato
Nasce a Caposele (AV) l’8 aprile 1947, secondo di quattro figli di una famiglia di origine campana in corso di trasferimento a Roma.
Nei primi anni dell’infanzia si manifesta, per cause mai chiaramente accertate, una grave forma di scoliosi, che lo costringe ad indossare un busto rigido (secondo le tecniche terapeutiche allora in uso), comportando notevoli limitazioni per la sua attività motoria e per la vita di relazione. A 17 anni, si iscrive al gruppo di Azione Cattolica presso la Parrocchia Santa Paola Romana. La sua maturità gli consente un pieno inserimento nel gruppo dei “più grandi”, con i quali si confronta e dai quali viene accolto in condizioni di assoluta parità.
Iscrittosi alla facoltà di giurisprudenza presso l’università “La Sapienza” di Roma, si laurea discutendo una tesi in diritto amministrativo.
Anche gli studi universitari vengono tuttavia intralciati da problemi di salute. Infatti, fra i diciotto e i venticinque anni viene ricoverato due volte di urgenza in ospedale, a Roma, per gravi emorragie esofagee e gastriche, dovute alla compressione degli organi interni causata dalla scoliosi. La particolare dieta che gli viene suggerita per attenuare le problematiche già manifestatesi comporta tuttavia l’insorgere di una calcolosi renale, che richiederà ben due interventi chirurgici a distanza di un anno.
Dopo la vincita di un concorso per la carriera direttiva nei ruoli amministrativi del Ministero della Pubblica Istruzione, presta servizio per alcuni anni nella sede del Ministero, a Roma.
Ma questo tipo di attività non lo soddisfa pienamente.
Perciò insieme ad uno dei suoi più cari amici di gioventù prepara il concorso per l’accesso in magistratura, che vince nel 1980.
Con D.M. 13 maggio 1980 è nominato Uditore Giudiziario.
Compiuto il periodo di Uditorato a Roma, viene destinato dal giugno 1981 al giugno 1984, con funzioni di Giudice, al Tribunale di Lanusei, da dove viene anche applicato presso la Pretura di Tortolì e la stessa Pretura di Lanusei.
Nominato Magistrato di Tribunale con decorrenza dal 13 maggio 1982, è trasferito, a domanda, al Tribunale di Latina dal giugno del 1984, dove svolge nei primissimi tempi funzioni giudicanti civili e successivamente funzioni giudicanti penali.
Nominato magistrato di Appello dal 13.5.1993, viene proposto nel 2000 per la nomina a magistrato di Cassazione. Nel rapporto al Consiglio Giudiziario presso la Corte di Appello di Roma redatto a tale scopo, il Presidente del Tribunale descrive la sua professionalità come “caratterizzata da completezza di impegno” e “sempre contraddistinta da approfondita preparazione tecnica” e per di più “da doti di riservatezza, nobiltà d’animo, equilibrio, fermezza ed assoluta disponibilità oggetto di stima incondizionata, fino a renderlo il giudice più amato dell’Ufficio”.
Spesso, parlando con i familiari, si duole che il sistema giudiziario non sia maggiormente efficiente e soffra di tante limitazioni.
Nominato consigliere di cassazione, continua a svolgere le funzioni giudicanti presso il Tribunale di Latina, dove ormai ha radicato la propria “famiglia”.
Il lavoro diviene per lui l’impegno principale, ma non esclusivo.
E la sua sensibilità ed il suo desiderio di apertura verso gli altri si riversano sia sulle persone che incontra sul lavoro (i Colleghi Magistrati, il personale di cancelleria, gli stessi avvocati, pur in un rigoroso rispetto dei ruoli) sia sui numerosissimi amici dei diversi gruppi nei quali è inserito.
La sua vita di persona celibe è, così, piena di impegni, di letture, di musica, di concerti, di passeggiate, di cose belle, come bella aveva voluto la sua casa nella quale incontrare gli amici.
Inseritosi nel gruppo spirituale “Il Sicomoro”, assistito da Don Nicola Ceresio, diviene elemento attivo delle iniziative del gruppo, che ha per scopo l’approfondimento della Fede e l’attualizzazione della stessa nella vita quotidiana. Vincenzo anima il gruppo e si rende promotore di iniziative aggreganti . Assai vivo è il ricordo dei suoi amici per le famose “cene” da lui organizzate per Natale o gli incontri con la cugina missionaria Antonina, in occasione dei suoi rientri dall’Africa. In questo suo legame con Antonina e con l’Africa Vincenzo è animato da grande spirito missionario, che “contagia” quanti lo circondano.
Negli ultimi anni, seguendo una spinta interiore che lo porta a cercare “di più”, si inserisce attivamente anche nella vita della Parrocchia di San Luca, sia partecipando alla “lectio divina” sia impegnandosi, a vario modo, nelle iniziative caritative.
In questo impegno si inseriscono anche il suo sostegno alla Caritas e la delicata attività nel centro di ascolto per la lotta all’usura.
Nel gennaio del 1992 ha un grave incidente d’auto alla periferia di Latina. La sua auto, con la quale era abituato a viaggiare, spostandosi anche a Roma per incontrarsi con i genitori, le sorelle e i nipoti, esce di strada. I controlli medici successivamente effettuati rivelano che l’incidente è stato causato da una “anossia” per insufficienza respiratoria, dovuta all’aggravamento della malformazione dei polmoni. In pratica, meno di mezzo polmone è in grado di funzionare. Proprio nella imminenza di un controllo, ha una crisi più grave, a causa della quale viene ricoverato in coma presso il reparto di terapia intensiva dell’Ospedale di Latina.
Durante il coma, che si protrae per lunghi giorni, i familiari si trovano affiancati dinanzi al reparto di rianimazione da una folla di amici, non meno ansiosi ed affranti.
Quasi miracolosamente, Vincenzo esce dal coma e si riprende. All’Ospedale Forlanini di Roma gli indicano le cure più opportune. E’ però costretto a farsi aiutare nella respirazione da un alimentatore di ossigeno, simile ad un “borsello”, che deve portarsi dietro sempre, e da un rumoroso respiratore a pompa, al quale deve restare collegato tutta la notte attraverso una mascherina.
Nonostante ciò, Vincenzo riprende la sua attività lavorativa e la sua vita di relazione, anche se deve portarsi dietro il “borsello” dell’ossigeno. E sono anzi, come si è visto, gli anni nei quali aumentano i suoi impegni nel sociale.
Ma dopo una influenza del dicembre, la situazione di salute è peggiorata. La respirazione si è resa più difficoltosa. Ed anzi è stato fissato un consulto presso il Forlanini per il martedì successivo.
Vincenzo però ha fretta di tornare a Latina. Una sorella di offre di accompagnarlo in macchina. Al momento di partire ha una crisi respiratoria, che lo costringe a distendersi.
Alla preoccupazione dei familiari, risponde con tutto candore che “tanto gli passa”. E spiega che gli è già accaduto altre volte nella sua stanza in tribunale e che anzi apposta per questo ha chiesto un divano su cui potersi distendere.
Tanto fa che convince tutti di essersi ripreso e parte in auto con la sorella, con la quale conversa normalmente durante il viaggio fino a Latina.
All’arrivo a casa, ha una crisi in ascensore, fa appena a tempo ad entrare in casa sorretto dalla sorella. I sanitari del 118, sopraggiunti prontamente, non possono che diagnosticare un arresto cardiaco.
Nel giro di pochi minuti, la sua casa è piena di amici, accorsi costernati.
Il 4 febbraio, la camera ardente allestita presso il Tribunale vede sfilare in lacrime centinaia di persone e subito dopo la grande Chiesa di S. Marco si riempie per la Messa di esequie.
Viene sepolto a Latina, dove tanto aveva insistito di tornare.
Il 4 marzo 2003 viene intitolata al suo nome, con una brevissima ma partecipata cerimonia, l’aula di Tribunale nella quale aveva amministrato la giustizia.